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Volpi (2005:I.14) – Ereignis

sábado 23 de dezembro de 2023, por Cardoso de Castro

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Quanto ao caráter de acontecimento (Ereignis) do ser, numa anotação à margem da palavra ereignet utilizada na passagem acima citada da Carta sobre o "Humanismo", adverte que Ereignis indica o "acontecimento da apropriação do ser e do homem" e tem sido "desde 1936 [ano em que começou a escrever as suas Contribuições à Filosofia] a palavra-guia do meu pensamento". E com a sua cada vez mais obstinada atenção a este problema, multiplicam-se as tentativas de encontrar uma dicção e uma terminologia adequadas para corresponder ao ser e ao seu peculiar modo de se manifestar: as diferentes soluções adoptadas testemunham o carácter "experimental" das tentativas feitas e a dificuldade do empreendimento com que aqui se aventura.

[…]

Mas é sobretudo na conferência Tempo e Ser, de 1962, na qual Heidegger retoma o tema que deveria ter sido tratado na parte inédita de Ser e Tempo  , que é apresentada uma reflexão global sobre o ser como Ereignis e sobre o seu enigmático dar-se (Es gibt) juntamente com o tempo. O ser é pensado como a dimensão que, em princípio, escapa às maquinações do homem, mas que, ao mesmo tempo, está com ele numa relação essencial. Na abertura formada pela clareira do ser, abre-se o espaço-tempo em que se situa o ser do homem (Da-sein). E a clareira do ser não é sempre idêntica, mas muda de acordo com a ocorrência e a sucessão das épocas da história, que correspondem às diferentes maneiras pelas quais, de tempos a tempos, o ser é dado e retirado na totalidade dos seus destinos. O acontecimento do ser pode então ser chamado "epocal" no sentido que a palavra grega epoche dá a este adjetivo: no seu dar, retém e retrai segundo o movimento da sua verdade, da sua a-letheia, do seu desvelamento e velamento. Aqui, porém, o que Ereignis faz acontecer parece ser, mais do que a co-parceria do ser e do homem, o "mundo" como o "conjunto dos Quatro", "Mortal e Divino, Terra e Céu". Aqui Ereignis, de onde provêm as diferentes épocas históricas, é "ele próprio sem história, melhor: sem destino". A ênfase temática desloca-se assim do título Ser e Tempo   para o novo título que Heidegger indica para o seu próprio pensamento, que é Clareira e Presença (Lichtung und Anwesenheit).

original

Si è detto che già negli anni immediatamente successivi alla pubblicazione di Essere e tempo Heidegger trasformò il proprio approccio alla questione dell’essere lasciando cadere la via dell’analitica dell’esistenza seguita in precedenza. Con la «svolta» il problema al centro della riflessione heideggeriana   diventa quello di pensare l’essere non più come essere dell’ente, bensì in se stesso, nella sua radicale differenza dall’ente e nei modi del suo riferirsi all’uomo. Ciò implica anzitutto la ricerca di una modalità di pensiero in grado di corrispondere al carattere che sempre più Heidegger riconosce nell’essere, ossia la sua natura evenienziale, il suo darsi e sottrarsi secondo un insieme di destinazioni storico-epocali, nelle quali l’umanità si viene via via a trovare e alle quali essa può corrispondere in maniera più o meno essenziale. Nella Lettera sull’«umanismo» Heidegger afferma a proposito di questo nuovo pensiero dell’essere:

Il pensiero, detto semplicemente, è il pensiero dell’essere. Il genitivo vuol dire due cose. Il pensiero è dell’essere in quanto, fatto avvenire (ereignet) dall’essere, all’essere appartiene. Il pensiero è nello stesso tempo pensiero dell’essere, in quanto, appartenendo all’essere, è all’ascolto dell’essere [GA9  :316].

Quanto al carattere di evento (Ereignis) dell’essere, in una annotazione a margine della parola ereignet impiegata nel passo or ora citato della Lettera sull’«umanismo», egli avverte che Ereignis indica l’«evento dell’appropriazione di essere e uomo» ed è «dal 1936 [anno in cui egli inizia la stesura dei Contributi alla filosofia] la parola-guida del mio pensiero» [Ibid.]. E con il suo concentrarsi sempre più caparbio su questo problema, si moltiplicano i tentativi di trovare una dizione e una terminologia adatte a corrispondere all’essere e al suo peculiare modo di manifestarsi: le diverse soluzioni adottate testimoniano del carattere «sperimentale» dei tentativi compiuti e della difficoltà dell’impresa con la quale egli qui si cimenta.

Significativo delle difficoltà incontrate lungo questo cammino, e celebre per le discussioni che suscitò, è un passo del Poscritto alla prolusione Che cos’è metafisica?. Nella prima edizione di tale testo, pubblicato in appendice alla quarta edizione della prolusione (1943), si dice che «appartiene alla verità dell’essere che, sì, l’essere è essenzialmente (west) senza l’ente, ma che mai invece l’ente è senza l’essere». Nella edizione successiva (1949) l’affermazione è modificata nel modo seguente: «appartiene alla verità dell’essere che mai l’essere sia essenzialmente (west) senza l’ente, e che mai un ente è senza l’essere».

Nei Contributi alla filosofia e nei trattati inediti degli anni Quaranta Heidegger ricorre alla grafia arcaica Seyn per segnalare la sua volontà di sospendere ogni retaggio metafisico presente nel termine essere (Sein). Farà pubblicamente uso per la prima volta di tale espediente nel saggio Dell’essenza della verità, risalente al 1930 ma pubblicato nel 1943, e lo confermerà in Aus der Erfahrung des Denkens [Per l’esperienza del pensiero], risalente agli anni della Lettera ma edito solo nel 1954. Nel saggio Über «Die Linie» [Su «La linea», 1955], con il quale risponde allo scritto «omonimo» di Ernst Jünger  , e che poi reintitola Zur Seinsfrage [La questione dell’essere], si serve di un’altra grafia ancora: scrive Sein con una barratura a croce per alludere non solo all’opportunità di lasciare cadere ogni rappresentazione metafisica dell’essere, ma anche al tentativo di pensare il darsi, nella radura dell’essere, di quello che chiama l’«insieme dei Quattro» (Geviert), cioè il rapporto tra Terra e Cielo, Divini e Mortali, tema questo trattato specialmente nelle ultime conferenze.

Un altro testo assai significativo per la tematizzazione dell’essere come Ereignis è Identità e differenza del 1957. L’Ereignis è qui accostato a due parole fondamentali come Logos e Tao, ed è pensato come l’evento appropriante in cui l’essere si dà in un rapporto di coappartenenza all’uomo. Nel contempo è mantenuta ferma la differenza ontologica di essere ed ente in modo tale che, nell’Ereignis dell’essere, si danno insieme la dif-ferenza (Unter-Schied) e la composizione della divergenza (Austrag): «La differenza di essere ed ente è in quanto differenza di trasmissione e avvento la composizione di entrambi che svela e vela» [GA11  :57].

Ma è soprattutto nella conferenza del 1962 Tempo ed essere, in cui Heidegger riprende la tematica che avrebbe dovuto essere trattata nella parte non pubblicata di Essere e tempo, che è presentata una riflessione complessiva sull’essere in quanto Ereignis e sul suo enigmatico darsi (Es gibt) assieme al tempo. L’essere è pensato come la dimensione che si sottrae in linea di principio alle macchinazioni dell’uomo, ma che nello stesso tempo sta con lui in un rapporto essenziale. Nell’apertura formata dalla radura dell’essere si apre lo spazio-tempo in cui si colloca l’esserci (Da-sein) dell’uomo. E la radura dell’essere non è sempre identica, ma muta a seconda dell’accadere e del succedersi delle epoche della storia, le quali corrispondono ai diversi modi in cui di volta in volta l’essere si dà e si sottrae nell’insieme delle sue destinazioni. L’evento dell’essere può essere detto allora «epocale» nel senso che la parola greca epochè conferisce a tale aggettivo: esso, nel suo darsi, si trattiene e si ritrae secondo il movimento della sua verità, della sua a-lètheia, del suo svelarsi e velarsi. Qui, tuttavia, ciò che l’Ereignis fa accadere sembra essere, più ancora che la coappartenenza di essere e uomo, il «mondo» in quanto «insieme dei Quattro», «Mortali e Divini, Terra e Cielo». Qui l’Ereignis, da cui provengono le diverse epoche storiche, è «esso stesso senza storia, meglio: senza destino». L’accento tematico si sposta così dal titolo Essere e tempo al nuovo titolo che Heidegger indica per il proprio pensiero e che è Radura e presenza (Lichtung und Anwesenheit).

A questo pensiero dell’essere corrisponde un’ulteriore modificazione dell’atteggiamento assunto da Heidegger nei confronti della metafisica. Non si tratta ora più di «decostruirla» in vista di una sua ricostruzione fondata in modo veramente radicale, come all’epoca dell’ontologia fondamentale, ma nemmeno soltanto di oltrepassarla (Überwindung) mostrandone i presupposti, andandone al fondamento e riportandola nell’alveo della storia dell’essere. Heidegger radicalizza ulteriormente il suo approccio e pretende un vero e proprio superamento (Verwindung) della metafisica, cioè un atteggiamento con il quale il pensiero dell’essere la lascia al suo destino senza pretendere di cambiare più niente di essa. Solo allora essa è effettivamente superata e «mandata giù» – secondo il significato che il termine Verwindung possiede anche nel linguaggio comune – come può essere superata una malattia o come si «mandano giù» «bocconi amari», travagli e patimenti.


Ver online : FRANCO VOLPI


[VOLPI, Franco. Guida a Heidegger. Roma: Editori Laterza, 2018]