Abbagnano (2013) – problema dell’essere (la struttura)

Tuttavia un’alternativa diversa deve essere possibile, sul fondamento del problema dell’essere. L’ultimo risultato dello sforzo verso l’essere non può essere la negazione dello sforzo stesso. Il problema dell’essere non può essere eliminato e negato dalla sua stessa impostazione. Esso deve offrire un’alternativa tale, che stabilisca la possibilità della sua impostazione autentica e lo renda atto a fondare un’ontologia non puramente negativa. Se è così, se questa alternativa sussiste, essa si presenta come l’integrazione delle alternative opposte rappresentate dalle metafisiche di Heidegger e di Jaspers e come la sola alternativa atta a fondare un’analisi esistenziale che non sia la semplice negazione del problema dell’essere. Ora questa alternativa privilegiata si può rintracciare considerando lo sforzo verso l’essere non solo rispetto alla sua situazione iniziale né solo rispetto alla sua situazione finale, ma nell’unità della situazione finale con la situazione iniziale. L’alternativa autentica del problema dell’essere può essere definita come una forma nella quale la situazione finale dello sforzo verso l’essere realizza la propria essenziale unità con la situazione iniziale. Questa forma è la struttura 1.

La struttura è assunta nelle pagine seguenti come il fondamento e il centro dell’analisi esistenziale. Essa viene assunta nello stesso atto costitutivo dell’unità che ne definisce la natura. Questa unità si costituisce col movimento che attua come situazione finale la stessa situazione iniziale nel suo fondamento. Ma il fondamento – che istituisce e giustifica la situazione iniziale – è la possibilità della situazione iniziale. La struttura attua perciò come situazione finale la possibilità della situazione iniziale. Dal suo canto, la situazione iniziale, in quanto fondata e giustificata nella sua natura autentica dalla situazione finale, cioè dalla possibilità che essa instaura, è essa stessa possibilità; e la situazione finale si rivela come la possibilità di una possibilità. I due primi risultati di una impostazione di questo genere, che trasforma potentemente l’aspetto dell’analisi esistenziale, e l’avvia decisamente verso risultati positivi, sono i seguenti: 1° il costituirsi dell’esistenza in quanto struttura a problematicità pura; 2° il costituirsi nell’esistenza, in quanto struttura, della possibilità della possibilità o possibilità trascendentale.

Lo sforzo verso l’essere si costituisce nella struttura in virtù di un’organizzazione puramente interiore, senza riferirsi a ciò che è prima di sé (il niente) o a ciò che è dopo di sé (l’essere trascendente). Esso appare come il movimento da una possibilità di essere alla possibilità di questa possibilità; la possibilità trascendentale così raggiunta, fondando la possibilità iniziale, la giustifica e la concreta: e mentre la sottrae al niente, non risolve mai se stessa nello scacco finale, giacché si realizza conclusivamente come possibilità dell’inizio.

Il rapporto dell’essere con se stesso si concreta, sul fondamento della struttura, come rapporto della possibilità con la possibilità trascendentale. Il costituirsi di questo rapporto è in realtà un trascendere. Ma è un trascendere che non è il distaccarsi sul niente della metafisica heideggeriana né la realizzazione dello scacco della metafisica jaspersiana; ma è l’individuarsi di una unità che, realizzandosi nella sua forma propria, costituisce al di là di sé l’essere universale del mondo e la coesistenza. Difatti per il suo carattere necessariamente individuante il movimento di costituzione della struttura determina l’unità propria dell’ente nella costituzione simultanea di un essere dell’ente che trascende l’ente, come partecipazione comune di tutti gli enti. La struttura giustifica l’insegnamento fondamentale dell’analisi esistenziale, insegnamento rimasto finora oscuro e incomprensibile: l’identità essenziale del movimento di costituzione dell’unità individuale e del movimento di costituzione dell’essere universale. L’antitesi ben nota tra l’esistenziale e l’esistentivo scompare nella struttura. La struttura non è, come l’esistenziale, una matrice indifferenziata di possibilità: ma è l’individuazione di tali possibilità con l’atto di realizzarne il fondamento. La struttura non è, come l’esistentivo, l’enigma di una individualità chiusa, che può chiarirsi ma non aprirsi veramente all’universale, onde il tentativo di chiarirla non può concludersi che con lo scacco; ma è il movimento di costituzione di un essere che è comunicazione universale di enti nell’atto stesso costitutivo dell’individualita dell’ente.

  1. Il termine struttura nel significato fondamentale nel quale ricorre nella filosofia esistenzialistica, è stato probabilmente introdotto da Dilthey. Ma sia Dilthey, sia Husserl, sia Heidegger e Jaspers lo adoperano nel senso di insieme o piano ordinato ad un fine, senza definirlo nella sua natura autentica.[]